
/ AUTO-RITRATTO 03 / La necessità dell’auto rappresentazione /
/ Collettiva di Fotografia Contemporanea /
/ AD Gallery / A cura di Alberto Desirò / 27 maggio > 3 giugno 2023 /
https://www.adgallery.it/mostre/auto-ritratto-03/
In collaborazione con La Toscana nuova - periodico di arte, cultura e attualità - ONART Gallery di Romina Sangiovanni.
Evento organizzato da AD Gallery - contemporary photography gallery.
Location:
ON ART - Firenze
Via della Pergola, 57-61r - Firenze
https://goo.gl/maps/tRWTQGU43SbJvHzx5
COMMENTO A AUTO-RITRATTO #03/
La necessità dell’autorappresentazione/ a cura di Alberto Desirò
Le rappresentazioni di Matteo Verre "Corpus" sono tutte basate sulla plasticità. Somigliano a sculture e sottolineano soprattutto la corporeità che trasmette potenza e forza attraverso la forma. Dal punto di vista emotivo, siamo davanti a qualcosa di lacerante, di sofferente e spesso deformante. Se il corpo esprime armonia. la gestualità indica come una frattura, un dolore come represso che fa fatica ad emergere. La tonalità cromatica è unica e si adatta interamente alla raffigurazione. Se fosse musica sarebbe una composizione dodecafonica.
Le opere di Valeria Lobbia "Scomparire" costituiscono una sequenza che culmina nella sparizione e nella dissolvenza. Anche in questo caso la corporeità è protagonista ma qui si inseriscono elementi teatrali e il viso è visto ora contratto, ora nascosto, ora velato fino a scomparire in una ripresa totale di spalle nell'ultima foto. Ogni immagine contiene come un doppio perché si manifesta e nasconde insieme e in ciascuna la protagonista è come chiusa nel suo mondo che non vuole svelare.
Dal punto di vista fotografico, il colore è utilizzato come fosse un bianco e nero in un equilibrio sapiente, elegante ed armonico. Se fosse musica, sarebbe la Terza sinfonia di Mahler.
Le otto fotografie di Valentina Picco "Ovunque si ode il canto", commentate dai versi dell'artista, giocano su luci ed ombre che illuminano e nascondono il corpo messo a nudo mettendo in scena come una danza. Ogni immagine è costruita inserendo elementi che completano la scena, a volte frammenti di abiti, altre volte un foglio, una pila di libri, un gatto. Sono autoscatti o immagini riflesse allo specchio ma completate dalle poesie che esprimono insieme capacità di amare e desiderio di assoluto e bellezza. La corporeità anche qui è protagonista ma non in modo drammatico o sofferto ma per trasmettere con discrezione, tra svelamenti e nascondimenti, eleganza, erotismo e femminilità. Ogni foto è animata da un movimento interno come fosse il fermo immagine di una danza. Se fosse musica sarebbe un minuetto mozartiano.
Le foto di Micol Ratto "Rifletti_amo" ci offrono come frammenti di un io tutto da costruire. L’artista gioca come a nascondino con lo spettatore emergendo dietro ad alberi o oggetti, alternando sfocatura e nitidezza e mostrando ora una gamba, un braccio, un altro braccio e solo in una foto il volto ieratico che guarda in su. L'obiettivo è la fusione con la natura che sembra assimilare i diversi frammenti. I contorni degli sfondi sono volutamente sfumati, con effetti quasi pittorici. Attraverso questi espedienti la ricostruzione dell'io appare problematica e volutamente nascosta ma l'insieme trasmette serenità e armonia. Se fosse musica sarebbe una Sinfonia mozartiana.
Ancora frammenti di mani, piedi, volto, gambe e poi mega frammenti in una specie di caleidoscopio sono le rappresentazioni di Gianfranco Garavelli dal titolo "Frammenti" che usa la polaroid per costruire il suo autoritratto. Se gli scatti sono. in un certo senso. in bianco e nero, il colore è ottenuto con la cornice sulla quale sono presentati. L' autore ha svelato di essere stato inspirato, per realizzare la sua opera, dalla lettura de Le notti bianche di Dostoevskij e abbina ciascuna foto a citazioni letterarie. La sensazione complessiva trasmessa è quella di mettere a nudo lati diversi dell'io, tutti da decifrare. Se fosse musica, sarebbe musica dodecafonica, inframezzata da silenzi.
Le foto di Letterio Scopelliti "Sguardi attraverso il tempo" sono frutto di una composizione tra scatti di anni diversi e hanno come comune denominatore il colore forte, acceso talora surreale. Il ritratto che emerge è caratterizzato dall'elemento dionisiaco, panteistico o dell'eroico furore di bruniana memoria che sottende la creazione e da una natura, ora marina, ora montana, ora floreale che emerge e si fonde con l'autoritratto. Altra componente è quella del surreale, del mistero che inevitabilmente avvolge l'io e lo nasconde. Se fosse musica sarebbe l'Eroica di Beethoven.
Le cinque foto di Maddalena Barletta dal titolo "La pelle...questione di feeling"
sono scatti giovanili che privilegiano particolari in bianco e nero e si concentrano sugli occhi ora aperti, ora chiusi. Ogni foto poi è stata incorniciata e posta sotto una lente deformante che la rende sempre diversa in base al punto di vista attraverso cui si guarda. “La realtà non esiste” ha detto l'artista durante l'intervista e la verità è quella che ciascuno crede che sia, come già Pirandello aveva messo in luce in Cosi è se vi pare. In tal modo l'autrice si mostra e si sottrae insieme perché la scoperta di sé è sempre problematica. Se fosse musica sarebbe una musica dei Goblin, una musica che scava nel profondo.
I quattro scatti di Christine Kuppelwieser "Al lago" hanno tutti come sfondo un lago e presentano la protagonista ora distesa, ora seduta o di spalle o davanti. Sono come angolazioni diverse di un io che cerca l'armonia col paesaggio che sta dietro e fa da sfondo. Ci sono poi elementi che completano la foto e offrono suggerimenti sulle passioni dell'artista, come una macchina fotografica o un libro. Il cappello nella foto distesa è invece simbolo di personalità, mentre le mani che cingono il corpo sono indizio di cura di sé. Nelle foto poi fanno da cornice l'acqua e il cielo, elementi importanti della personalità della protagonista. Se fosse musica sarebbe forse Toccata e fuga in re minore di Johann Sebastian Bach.
Estremamente sofisticate, eleganti e complesse sono le immagini di Catia Simoes col titolo "Echo” che costruiscono una composizione originale e inquietante insieme. Lo stile utilizzato per il bianco e nero e l'abito impreziosito da ricami, vaporoso e sinuoso, esaltano la bellezza del corpo e trasmettono sensazioni raffinate e armoniche. Ciascuna foto è poi completata da frammenti di manichini che sono collocati in diversi modi e contribuiscono a completare l’immagine come fossero una parte di sé che talora accarezza, talora sembra soffocare o coprire. Gli sfondi neri esaltano la figura e la impreziosiscono.
Se fosse musica sarebbe un composizione al pianoforte ricca di virtuosismi.
Le sette foto di Letizia Rostagno col titolo di "Diorami" sono il risultato di una composizione e sovrapposizione fisica di tre scatti di epoche diverse. Parti del corpo emergono su paesaggi naturali e urbani, talora reali, altre volte costruiti. La cosa sorprendente è che ogni elemento è come fuso nell'altro, quasi indistinguibile e il bianco e nero raffinato offre immagini eleganti e a volte evanescenti. Il risultato è un autoritratto dove armonia, bellezza e musicalità sono protagoniste ed emerge la forza stilistica e l'esperienza fotografica dell’artista. Se fosse musica, sarebbe insieme soave e forte come la Sinfonia n. 40 di Mozart.
Le foto di Luisa Denti con i suoi "Vasi nudi" sono il frutto di una composizione tra un oggetto e un corpo. La formazione pittorica ha portato l'artista a cimentarsi con l'autoritratto e ultimamente con la Still life. Così negli scatti l'oggetto diventa il protagonista mentre il corpo appare in secondo piano, come sfocato. Tuttavia, l'oggetto è scelto perché richiama, nella forma, la sinuosità del corpo femminile e l'opera, vista nell'insieme, assume un significato originale e particolare perché il vaso copre in qualche modo la nudità mentre esso stesso si offre nudo. Elegante risulta l'accostamento dei colori con una parte che sembra in bianco e nero. L'insieme trasmette serenità ed armonia più che malinconia o solitudine. Se fosse musica sarebbe un duo concertante di Stravinskij tra violino e pianoforte.
Sabina Bernacchini con "We will ask the trees" ci presenta un autoritratto sui generis perché come filtrato attraverso gli alberi. L’autrice si inserisce all’interno della maestosità degli alberi e sembra chiedere a questi il senso dell’esistenza. Il risultato è davvero spettacolare anche attraverso un sapiente uso del bianco e nero. La sua figura si fonde perfettamente con gli alberi e sembra talora carezzarli, altre volte rifugiarsi in essi o ascoltare la loro voce. Gli scatti hanno una forza notevole trasmessa dalla imponenza e bellezza della natura che fa tutt’uno con la bellezza ed eleganza della sua figura. Se fosse una musica sarebbe la Sinfonia n. 6 detta Pastorale di Beethoven.
Consuelo Canducci con "il-maschile-ove-non-altrimenti-identificato" offre allo spettatore un trittico molto singolare che utilizza simboli tipicamente maschili come una cravatta, una giacca e un boxer indossati invece da lei stessa che, in questo modo, si camuffa dentro questi simboli. L’insieme risulta molto suggestivo e l’uso di colori, volutamente ombreggiati, crea un’atmosfera interessante. Nella seconda foto poi è posto tra le dita un osso arcaico con un valore simbolico. Tutte le foto giocano sull’ambiguità maschile/femminile e sembrano contestare i luoghi comuni e le divisioni di genere. Se fosse musica sarebbe un brano jazz, Birdland suonato da dai Weather Report.
Gio Blonde & Lulù Withheld si presentano insieme con "You are My Mirror". Qui anziché un singolo autoritratto siamo davanti a molte foto dove una protagonista si specchia nell’altra, in un continuo rimando di sguardi, di svelamenti e nascondimenti che mettono a nudo tuttavia femminilità, eros mistero e partecipazione reciproca. Tutte le dodici immagini, che spesso utilizzano la tecnica dello sfocato, sono insieme svelamenti e nascondimenti e sono state collocate senza abbellimenti o cornici come fossero ricordi sempre presenti. I colori utilizzati sono accesi e tra tutti gli scatti si fa notare, per la sua intensa forza espressiva, quello degli occhi che sembrano osservare lo spettatore e fissarlo. Se fosse una musica potrebbe essere Quadri di esposizione di Mussorgskij.
Ingrid Strain con "Dreams" presenta sei foto in bianco e nero con la prevalenza del bianco che fa anche da sfondo. Gli scatti offrono allo spettatore l’immagine esterna di un sogno. È una scommessa singolare, quella di rappresentare all’esterno qualcosa che non può essere visto. Eppure, proprio grazie alle scelte gestuali, alle mani che coprono, alle bende sul viso e a un assoluto indefinito, noi abbiamo come la rappresentazione di un io che, attraverso il volto o i capelli, si apre allo sguardo e svela la sua discrezione, la sua voglia di non apparire ma anche forza, eleganza e armonia. Nelle due ultime foto, dove il nero è dominante, il corpo nudo è presentato raccolto e con una prospettiva che fa in modo che i piedi, quasi in primo piano, coprano e nascondano il resto. Una rappresentazione molto intimista estremamente elegante e raffinata. Se fosse una musica sarebbe un Canto Gospel.
Luigi Stefano Carosella con "Etimologia e introspezione" ha confessato nell’intervista la sua ritrosia nell’autorappresentarsi. Così questa occasione è stata una sfida che tuttavia doveva trovare la strada giusta per esprimersi. Strada che ha trovato risalendo all’etimologia della fotografia, cioè scrittura con la luce. L’autore ha costruito, attraverso un lungo lavoro, una specie di dialogo con se stesso, realizzato attraverso le silhouette. Le prime foto sono a colori, le ultime sono in bianco e nero. In particolare, l’ultima perché richiama la tastiera di un pianoforte, essendo l’autore appassionato di tale strumento. Tutte le foto privilegiano lo sfondo nero per mettere in risalto il volto visto di profilo mentre dialoga con il suo alter-ego. La luce è il frutto dell’utilizzo di una torcia ed è così ridotta al minimo. Se fosse una musica sarebbe un Notturno di Chopin.
Le nove fotografie di Enus Mazzoni hanno come tema “L’inverno” e nascono dall’esperienza del trasferimento in un luogo caratterizzato dalla quasi assenza della luce. Così l’inverno, rappresentato da paesaggi aridi o coperti di neve, diventa il simbolo di un umore cupo. Questi stati d’animo sono mostrati attraverso una doppia immagine che abbina le foto dell’ambiente naturale con foto di studio. Ė un autoritratto completo perché mostra sia l’aspetto esteriore che quello interiore. Le foto sono il risultato di un lavoro complesso e meditato e forniscono una lettura dell'io più profonda, come fosse specchio della mente. Il risultato è visivamente forte e sembra percorrere i segreti dell'inconscio, le paure o i tormenti dell’artista che, durante l’intervista, ha parlato di atmosfera tenebrosa e surreale, frutto non del caso ma di una ricerca complessa e mirata. Se fosse musica sarebbe la Quinta sinfonia di Mahler.
Silvio Giuliani con "By moment" ha creato dittici in un bianco e nero volutamente contrastato che illustrano momenti interiori. Sono immagini che dialogano tra di loro, un dialogo nel tempo con contrapposizione di un io bambino e uno maturo oppure tra una natura immersa nella nebbia e la sua ombra sfumata, o ancora tra un paesaggio e una figura davanti a una finestra aperta. Le fotografie sono frutto di un lavoro in divenire che si svilupperà successivamente con modalità nuove. La caratteristica dell’insieme è la dinamicità e la ricerca stilistica ed estetica. Se fosse musica sarebbe un Duo tra strumenti da camera.
Francesca Palagi con "Non è un sogno" presenta tre foto che, in qualche modo, si completano a vicenda. Nella prima ritrae il suo viso espressivo contornato da uno sfumato che ne esalta i tratti. Nella seconda veste un abito particolare e si appoggia al muro con gesto teatrale, realizzando una composizione di sicura efficacia. L’ultima rappresenta una gonna e piedi che calzano scarpe avvolgenti. Il titolo vuole riportare alla realtà perché il ritratto che emerge è radicato al reale e vuole trasmettere il vero io dell’artista. Se fosse una musica sarebbe, forse, un pezzo al pianoforte di Beethoven come Per Elisa.
Melissa Marcello con "Non vediamo il reale" presenta quattro scatti a colori che esaltano, attraverso modalità diverse, la corporeità e il volto utilizzando particolari tagli come nella prima foto che taglia gli occhi o nella terza che privilegia un corpo vestito in modo trasparente. Il titolo ricorda come la nostra visione sia filtrata da elementi magici che in tre foto sono grandi foglie che circondano e abbelliscono. L’effetto complessivo è raffinato ed elegante e l’atmosfera è quasi da fiaba. Se fosse musica, sarebbe un pezzo per solo piano come Fantasia Improvviso di Chopin.
Dario Mainetti con “Who’s coming” costruisce come una sequenza cinematografica dividendo ogni foto in tre fotogrammi derivate da un negativo portato in positivo. La sequenza in bianco e nero, montata su basi colorate vuole rappresentare il pensiero e la sua evoluzione. Si allontana dalla realtà perché pensiero è creazione pura e racconto. Se fosse musica sarebbe una Fuga di Bach.
Francesca Pirvulesco in mostra con "Metamorphosis", sviluppa un trittico con Ninfa, ispirata al mito di Narciso, Dafne, dove si compie una metamorfosi e l’autrice va alla ricerca della sua vera essenza e, infine, Ofelia, dove finalmente trova la pace con se stessa. Insomma, un viaggio per superare le angosce esistenziali che si conclude positivamente. Sono tutte foto raffinate con soluzioni cromatiche sapienti. Se fosse una musica sarebbe un Minuetto.
Francesca Meloni con "InnerSelf" costruisce delle scenografie nelle quali inserisce la sua immagine. Le linee orizzontali incontrano quelle sinuose del corpo in un connubio di sicuro effetto scenico costruito con sapiente regia. L’obiettivo dell’artista era descrivere un io interiore che appare e scompare insieme e l’esito è sicuramente positivo. Se fosse musica sarebbe una musica da camera con violini e pianoforte.
Letterio Scopelliti
/ Collettiva di Fotografia Contemporanea /
/ AD Gallery / A cura di Alberto Desirò / 27 maggio > 3 giugno 2023 /
https://www.adgallery.it/mostre/auto-ritratto-03/
In collaborazione con La Toscana nuova - periodico di arte, cultura e attualità - ONART Gallery di Romina Sangiovanni.
Evento organizzato da AD Gallery - contemporary photography gallery.
Location:
ON ART - Firenze
Via della Pergola, 57-61r - Firenze
https://goo.gl/maps/tRWTQGU43SbJvHzx5
COMMENTO A AUTO-RITRATTO #03/
La necessità dell’autorappresentazione/ a cura di Alberto Desirò
Le rappresentazioni di Matteo Verre "Corpus" sono tutte basate sulla plasticità. Somigliano a sculture e sottolineano soprattutto la corporeità che trasmette potenza e forza attraverso la forma. Dal punto di vista emotivo, siamo davanti a qualcosa di lacerante, di sofferente e spesso deformante. Se il corpo esprime armonia. la gestualità indica come una frattura, un dolore come represso che fa fatica ad emergere. La tonalità cromatica è unica e si adatta interamente alla raffigurazione. Se fosse musica sarebbe una composizione dodecafonica.
Le opere di Valeria Lobbia "Scomparire" costituiscono una sequenza che culmina nella sparizione e nella dissolvenza. Anche in questo caso la corporeità è protagonista ma qui si inseriscono elementi teatrali e il viso è visto ora contratto, ora nascosto, ora velato fino a scomparire in una ripresa totale di spalle nell'ultima foto. Ogni immagine contiene come un doppio perché si manifesta e nasconde insieme e in ciascuna la protagonista è come chiusa nel suo mondo che non vuole svelare.
Dal punto di vista fotografico, il colore è utilizzato come fosse un bianco e nero in un equilibrio sapiente, elegante ed armonico. Se fosse musica, sarebbe la Terza sinfonia di Mahler.
Le otto fotografie di Valentina Picco "Ovunque si ode il canto", commentate dai versi dell'artista, giocano su luci ed ombre che illuminano e nascondono il corpo messo a nudo mettendo in scena come una danza. Ogni immagine è costruita inserendo elementi che completano la scena, a volte frammenti di abiti, altre volte un foglio, una pila di libri, un gatto. Sono autoscatti o immagini riflesse allo specchio ma completate dalle poesie che esprimono insieme capacità di amare e desiderio di assoluto e bellezza. La corporeità anche qui è protagonista ma non in modo drammatico o sofferto ma per trasmettere con discrezione, tra svelamenti e nascondimenti, eleganza, erotismo e femminilità. Ogni foto è animata da un movimento interno come fosse il fermo immagine di una danza. Se fosse musica sarebbe un minuetto mozartiano.
Le foto di Micol Ratto "Rifletti_amo" ci offrono come frammenti di un io tutto da costruire. L’artista gioca come a nascondino con lo spettatore emergendo dietro ad alberi o oggetti, alternando sfocatura e nitidezza e mostrando ora una gamba, un braccio, un altro braccio e solo in una foto il volto ieratico che guarda in su. L'obiettivo è la fusione con la natura che sembra assimilare i diversi frammenti. I contorni degli sfondi sono volutamente sfumati, con effetti quasi pittorici. Attraverso questi espedienti la ricostruzione dell'io appare problematica e volutamente nascosta ma l'insieme trasmette serenità e armonia. Se fosse musica sarebbe una Sinfonia mozartiana.
Ancora frammenti di mani, piedi, volto, gambe e poi mega frammenti in una specie di caleidoscopio sono le rappresentazioni di Gianfranco Garavelli dal titolo "Frammenti" che usa la polaroid per costruire il suo autoritratto. Se gli scatti sono. in un certo senso. in bianco e nero, il colore è ottenuto con la cornice sulla quale sono presentati. L' autore ha svelato di essere stato inspirato, per realizzare la sua opera, dalla lettura de Le notti bianche di Dostoevskij e abbina ciascuna foto a citazioni letterarie. La sensazione complessiva trasmessa è quella di mettere a nudo lati diversi dell'io, tutti da decifrare. Se fosse musica, sarebbe musica dodecafonica, inframezzata da silenzi.
Le foto di Letterio Scopelliti "Sguardi attraverso il tempo" sono frutto di una composizione tra scatti di anni diversi e hanno come comune denominatore il colore forte, acceso talora surreale. Il ritratto che emerge è caratterizzato dall'elemento dionisiaco, panteistico o dell'eroico furore di bruniana memoria che sottende la creazione e da una natura, ora marina, ora montana, ora floreale che emerge e si fonde con l'autoritratto. Altra componente è quella del surreale, del mistero che inevitabilmente avvolge l'io e lo nasconde. Se fosse musica sarebbe l'Eroica di Beethoven.
Le cinque foto di Maddalena Barletta dal titolo "La pelle...questione di feeling"
sono scatti giovanili che privilegiano particolari in bianco e nero e si concentrano sugli occhi ora aperti, ora chiusi. Ogni foto poi è stata incorniciata e posta sotto una lente deformante che la rende sempre diversa in base al punto di vista attraverso cui si guarda. “La realtà non esiste” ha detto l'artista durante l'intervista e la verità è quella che ciascuno crede che sia, come già Pirandello aveva messo in luce in Cosi è se vi pare. In tal modo l'autrice si mostra e si sottrae insieme perché la scoperta di sé è sempre problematica. Se fosse musica sarebbe una musica dei Goblin, una musica che scava nel profondo.
I quattro scatti di Christine Kuppelwieser "Al lago" hanno tutti come sfondo un lago e presentano la protagonista ora distesa, ora seduta o di spalle o davanti. Sono come angolazioni diverse di un io che cerca l'armonia col paesaggio che sta dietro e fa da sfondo. Ci sono poi elementi che completano la foto e offrono suggerimenti sulle passioni dell'artista, come una macchina fotografica o un libro. Il cappello nella foto distesa è invece simbolo di personalità, mentre le mani che cingono il corpo sono indizio di cura di sé. Nelle foto poi fanno da cornice l'acqua e il cielo, elementi importanti della personalità della protagonista. Se fosse musica sarebbe forse Toccata e fuga in re minore di Johann Sebastian Bach.
Estremamente sofisticate, eleganti e complesse sono le immagini di Catia Simoes col titolo "Echo” che costruiscono una composizione originale e inquietante insieme. Lo stile utilizzato per il bianco e nero e l'abito impreziosito da ricami, vaporoso e sinuoso, esaltano la bellezza del corpo e trasmettono sensazioni raffinate e armoniche. Ciascuna foto è poi completata da frammenti di manichini che sono collocati in diversi modi e contribuiscono a completare l’immagine come fossero una parte di sé che talora accarezza, talora sembra soffocare o coprire. Gli sfondi neri esaltano la figura e la impreziosiscono.
Se fosse musica sarebbe un composizione al pianoforte ricca di virtuosismi.
Le sette foto di Letizia Rostagno col titolo di "Diorami" sono il risultato di una composizione e sovrapposizione fisica di tre scatti di epoche diverse. Parti del corpo emergono su paesaggi naturali e urbani, talora reali, altre volte costruiti. La cosa sorprendente è che ogni elemento è come fuso nell'altro, quasi indistinguibile e il bianco e nero raffinato offre immagini eleganti e a volte evanescenti. Il risultato è un autoritratto dove armonia, bellezza e musicalità sono protagoniste ed emerge la forza stilistica e l'esperienza fotografica dell’artista. Se fosse musica, sarebbe insieme soave e forte come la Sinfonia n. 40 di Mozart.
Le foto di Luisa Denti con i suoi "Vasi nudi" sono il frutto di una composizione tra un oggetto e un corpo. La formazione pittorica ha portato l'artista a cimentarsi con l'autoritratto e ultimamente con la Still life. Così negli scatti l'oggetto diventa il protagonista mentre il corpo appare in secondo piano, come sfocato. Tuttavia, l'oggetto è scelto perché richiama, nella forma, la sinuosità del corpo femminile e l'opera, vista nell'insieme, assume un significato originale e particolare perché il vaso copre in qualche modo la nudità mentre esso stesso si offre nudo. Elegante risulta l'accostamento dei colori con una parte che sembra in bianco e nero. L'insieme trasmette serenità ed armonia più che malinconia o solitudine. Se fosse musica sarebbe un duo concertante di Stravinskij tra violino e pianoforte.
Sabina Bernacchini con "We will ask the trees" ci presenta un autoritratto sui generis perché come filtrato attraverso gli alberi. L’autrice si inserisce all’interno della maestosità degli alberi e sembra chiedere a questi il senso dell’esistenza. Il risultato è davvero spettacolare anche attraverso un sapiente uso del bianco e nero. La sua figura si fonde perfettamente con gli alberi e sembra talora carezzarli, altre volte rifugiarsi in essi o ascoltare la loro voce. Gli scatti hanno una forza notevole trasmessa dalla imponenza e bellezza della natura che fa tutt’uno con la bellezza ed eleganza della sua figura. Se fosse una musica sarebbe la Sinfonia n. 6 detta Pastorale di Beethoven.
Consuelo Canducci con "il-maschile-ove-non-altrimenti-identificato" offre allo spettatore un trittico molto singolare che utilizza simboli tipicamente maschili come una cravatta, una giacca e un boxer indossati invece da lei stessa che, in questo modo, si camuffa dentro questi simboli. L’insieme risulta molto suggestivo e l’uso di colori, volutamente ombreggiati, crea un’atmosfera interessante. Nella seconda foto poi è posto tra le dita un osso arcaico con un valore simbolico. Tutte le foto giocano sull’ambiguità maschile/femminile e sembrano contestare i luoghi comuni e le divisioni di genere. Se fosse musica sarebbe un brano jazz, Birdland suonato da dai Weather Report.
Gio Blonde & Lulù Withheld si presentano insieme con "You are My Mirror". Qui anziché un singolo autoritratto siamo davanti a molte foto dove una protagonista si specchia nell’altra, in un continuo rimando di sguardi, di svelamenti e nascondimenti che mettono a nudo tuttavia femminilità, eros mistero e partecipazione reciproca. Tutte le dodici immagini, che spesso utilizzano la tecnica dello sfocato, sono insieme svelamenti e nascondimenti e sono state collocate senza abbellimenti o cornici come fossero ricordi sempre presenti. I colori utilizzati sono accesi e tra tutti gli scatti si fa notare, per la sua intensa forza espressiva, quello degli occhi che sembrano osservare lo spettatore e fissarlo. Se fosse una musica potrebbe essere Quadri di esposizione di Mussorgskij.
Ingrid Strain con "Dreams" presenta sei foto in bianco e nero con la prevalenza del bianco che fa anche da sfondo. Gli scatti offrono allo spettatore l’immagine esterna di un sogno. È una scommessa singolare, quella di rappresentare all’esterno qualcosa che non può essere visto. Eppure, proprio grazie alle scelte gestuali, alle mani che coprono, alle bende sul viso e a un assoluto indefinito, noi abbiamo come la rappresentazione di un io che, attraverso il volto o i capelli, si apre allo sguardo e svela la sua discrezione, la sua voglia di non apparire ma anche forza, eleganza e armonia. Nelle due ultime foto, dove il nero è dominante, il corpo nudo è presentato raccolto e con una prospettiva che fa in modo che i piedi, quasi in primo piano, coprano e nascondano il resto. Una rappresentazione molto intimista estremamente elegante e raffinata. Se fosse una musica sarebbe un Canto Gospel.
Luigi Stefano Carosella con "Etimologia e introspezione" ha confessato nell’intervista la sua ritrosia nell’autorappresentarsi. Così questa occasione è stata una sfida che tuttavia doveva trovare la strada giusta per esprimersi. Strada che ha trovato risalendo all’etimologia della fotografia, cioè scrittura con la luce. L’autore ha costruito, attraverso un lungo lavoro, una specie di dialogo con se stesso, realizzato attraverso le silhouette. Le prime foto sono a colori, le ultime sono in bianco e nero. In particolare, l’ultima perché richiama la tastiera di un pianoforte, essendo l’autore appassionato di tale strumento. Tutte le foto privilegiano lo sfondo nero per mettere in risalto il volto visto di profilo mentre dialoga con il suo alter-ego. La luce è il frutto dell’utilizzo di una torcia ed è così ridotta al minimo. Se fosse una musica sarebbe un Notturno di Chopin.
Le nove fotografie di Enus Mazzoni hanno come tema “L’inverno” e nascono dall’esperienza del trasferimento in un luogo caratterizzato dalla quasi assenza della luce. Così l’inverno, rappresentato da paesaggi aridi o coperti di neve, diventa il simbolo di un umore cupo. Questi stati d’animo sono mostrati attraverso una doppia immagine che abbina le foto dell’ambiente naturale con foto di studio. Ė un autoritratto completo perché mostra sia l’aspetto esteriore che quello interiore. Le foto sono il risultato di un lavoro complesso e meditato e forniscono una lettura dell'io più profonda, come fosse specchio della mente. Il risultato è visivamente forte e sembra percorrere i segreti dell'inconscio, le paure o i tormenti dell’artista che, durante l’intervista, ha parlato di atmosfera tenebrosa e surreale, frutto non del caso ma di una ricerca complessa e mirata. Se fosse musica sarebbe la Quinta sinfonia di Mahler.
Silvio Giuliani con "By moment" ha creato dittici in un bianco e nero volutamente contrastato che illustrano momenti interiori. Sono immagini che dialogano tra di loro, un dialogo nel tempo con contrapposizione di un io bambino e uno maturo oppure tra una natura immersa nella nebbia e la sua ombra sfumata, o ancora tra un paesaggio e una figura davanti a una finestra aperta. Le fotografie sono frutto di un lavoro in divenire che si svilupperà successivamente con modalità nuove. La caratteristica dell’insieme è la dinamicità e la ricerca stilistica ed estetica. Se fosse musica sarebbe un Duo tra strumenti da camera.
Francesca Palagi con "Non è un sogno" presenta tre foto che, in qualche modo, si completano a vicenda. Nella prima ritrae il suo viso espressivo contornato da uno sfumato che ne esalta i tratti. Nella seconda veste un abito particolare e si appoggia al muro con gesto teatrale, realizzando una composizione di sicura efficacia. L’ultima rappresenta una gonna e piedi che calzano scarpe avvolgenti. Il titolo vuole riportare alla realtà perché il ritratto che emerge è radicato al reale e vuole trasmettere il vero io dell’artista. Se fosse una musica sarebbe, forse, un pezzo al pianoforte di Beethoven come Per Elisa.
Melissa Marcello con "Non vediamo il reale" presenta quattro scatti a colori che esaltano, attraverso modalità diverse, la corporeità e il volto utilizzando particolari tagli come nella prima foto che taglia gli occhi o nella terza che privilegia un corpo vestito in modo trasparente. Il titolo ricorda come la nostra visione sia filtrata da elementi magici che in tre foto sono grandi foglie che circondano e abbelliscono. L’effetto complessivo è raffinato ed elegante e l’atmosfera è quasi da fiaba. Se fosse musica, sarebbe un pezzo per solo piano come Fantasia Improvviso di Chopin.
Dario Mainetti con “Who’s coming” costruisce come una sequenza cinematografica dividendo ogni foto in tre fotogrammi derivate da un negativo portato in positivo. La sequenza in bianco e nero, montata su basi colorate vuole rappresentare il pensiero e la sua evoluzione. Si allontana dalla realtà perché pensiero è creazione pura e racconto. Se fosse musica sarebbe una Fuga di Bach.
Francesca Pirvulesco in mostra con "Metamorphosis", sviluppa un trittico con Ninfa, ispirata al mito di Narciso, Dafne, dove si compie una metamorfosi e l’autrice va alla ricerca della sua vera essenza e, infine, Ofelia, dove finalmente trova la pace con se stessa. Insomma, un viaggio per superare le angosce esistenziali che si conclude positivamente. Sono tutte foto raffinate con soluzioni cromatiche sapienti. Se fosse una musica sarebbe un Minuetto.
Francesca Meloni con "InnerSelf" costruisce delle scenografie nelle quali inserisce la sua immagine. Le linee orizzontali incontrano quelle sinuose del corpo in un connubio di sicuro effetto scenico costruito con sapiente regia. L’obiettivo dell’artista era descrivere un io interiore che appare e scompare insieme e l’esito è sicuramente positivo. Se fosse musica sarebbe una musica da camera con violini e pianoforte.
Letterio Scopelliti